Non sono io a porre la domanda. E' una domanda che la scienza si pone di fronte alla tecnica. La madre alla figlia: "Quello che vorresti fare supera i limiti della nostra conoscenza. L'esperimento potrebbe avere conseguenze inimmaginabili".
Voi che dite, sarà il ragionevole discreto moderato Enrico Letta a dare il via libera ad esperimenti che solo una scellerata somma di ignoranza e incoscienza potrebbero rendere accettabili?
Stiamo parlando di fracking, una nuova tecnica inventata per spremere le rocce ed estrarre idrocarburi come schiuma da una spugna. Quali effetti produce l'uso di questa tecnica sul sottosuolo? quali modificazioni genera nelle faglie telluriche? cosa comporta per gli animali?
Vi riporto quello che scrive Maria Rita D'Orsogna:
Michelle Bamberger è una veterinaria di Ithaca,
nello stato di New York e assieme al Professor Robert Ostwald
dell’Universita’ di Cornell ha compliato il primo studio peer-reviewed che collega le attivita’ di fracking alla salute degli animali. I
due affermano che visto che gli animali sono continuamente esposti ad
aria, suolo e acqua di una data località e visto che hanno cicli
riproduttivi più frequenti degli umani, possono essere usati come
sentinelle dell’inquinamento. Dicono anche che nei loro studi sono stati
ostacolati dal fatto che le composizioni chimiche dei materiali inieittati nel sottosuolo non sono note.
I due hanno comunque esaminato 24 casi di allevamenti di animali nei pressi di campi di shale gas ed hanno trovato una serie di malattie neurologiche, riproduttive e gastrointestinale su animali e persone.Ecco un po’ di casistiche.
In
Louisiana 17 mucche sono morte dopo essere state esposte per un’ora a
fluidi di perforazione. Causa della morte? Soffocamento.
In New Mexico l’analisi dei peli delle mucche ha mostrato che 54 su 56 mucche aveva residui petroliferi in corpo.
In
Pennsylvania una vasca di riempimento di sostanze di scarto ha avuto
delle perdite perché troppo piena e questo ha causato la morte di 70
mucche incinte delle 140 che si trovavano al pascolo nelle vicinanze.
Delle rimanenti 70 mucche, 59 hanno abortito e 11 hanno portato la
gravidanza a compimento. Di questi 11 vitelli nati, 8 sono poi morti
subito dopo il parto. Cioè da 140 mucche incinte, esposte ai veleni del
fracking, sono venuti fuori solo 3 vitelli sani.
Particolarmente triste è la storia di Jacki Schilke, 53 anni del North Dakota, allevatrice di bovini. Hanno iniziato a fare fracking
su 32 pozzi del Bakken Shale, vicino al suo ranch. Le mucche hanno
iniziato ad avere problemi di ambulazione, infezioni. Le mucche hanno
smesso di produrre latte, hanno perso fino a 30 chilogrammi di peso e le
code sono cadute. Cinque mucche sono morte.
Lei stessa riporta
problemi di salute – mal di testa, dolori cronici, problemi ai polmoni,
sangue nelle urine, problemi ai denti.
Nella sua aria ci sono concentrazioni elevate di benzene, metano, cloroformio, butano, propano, toluene e xylene
– usati nelle trivellazioni e nel fracking, che sono tossici e di cui
molti causano tumori, danni alla nascita. Nella sua acqua ci sono
solfati, cromo, cloro, stronzio e selenio. In un ranch, in una zona
praticamente disabitata. Il suo sangue contiene acetone e metalli
pesanti – fra cui arsenico e germanio.
Ha spostato le sue mucche
in un altra zona del suo ranch, ma non le vuole vendere perché non e’
sicura che siano sane e non vuole causare problemi a nessuno.
Le autorità hanno detto anche a lei “tuttapposto” mentre i dottori le diagnosticavano danni neuro-tossicologici.
Ora deve usare inalatori e apparecchi per facilitare la respirazione.
Non beve più l’acqua del suo pozzo, non mangia più la carne delle
stesse sue mucche, né le verdure del suo orto.
A Michelle Bamberger e Robert Ostwald fanno eco Motoko Mukai,
professore e tossicologo veterinario anche lui presso la Cornell
University che sottolinea che i metalli e il materiale radioattivo usati
nel processo di fratturazione idraulica destano preoccupazioni perché
possono entrare nella catena alimentare attraverso la carne, il latte ed
altri grassi animali.
Secondo gli autori dell’articolo stiamo facendo un enorme esperimento incontrollato sulla salute umana a livello globale.
Queste cose si applicano pari pari all’Italia.
Ricordo a Viggiano, in Lucania,
un allevatore mi portò a vedere le sue mucche vicino al Centro Oli e
vicino ad un pozzo dismesso. Stesse storie, mucche che non partoriscono
più, mucche che si rifiutano di andare al pascolo, mucche che si
ammalano. Non si sa perché. Si sa solo che la sua attività di macellaio e
di allevatore muore.
Qualche anno fa invece venne fuori uno studio, anche questo peer-reviewed, sull’International Journal of Food Science and Technology sulle api lucane.
In Basilicata trovano idrocarburi nel miele, che gli autori
attribuiscono con molta probabilità all’industria petrolifera. E se il
petrolio è arrivato nel miele, dove altro sarà? E’ sano tutto questo?
Maria Rita D'Orsogna si rivolge quindi a Enrico Letta che recentemente ha affermatola necessità di avere “un atteggiamento aperto e non penalizzante per lo sfruttamento delle fonti di energia prodotte in Europa, come lo shale gas“.
E quindi, premier Letta, io vorrei sapere dove andiamo a fare, nello specifico, questo shale gas in Italia.
Lei sa che molti dei pozzi già previsti per l’Italia sorgono in zone
agricole, boschive., vitivinicole e comunque abitate? Ai contadini, agli
allevatori, alla gente normale servono acqua e aria pulite e la pace
mentale di sapere che non alleviamo e non mangiamo concentrati tossici.
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